Michela Mayer (Resp. Educaz. Iass) alla 1° giornata seminario ISPRA su educazione ambientale e sostenibilità nel sistema nazionale per la protezione dell’ambiente: “Sostenibilità come percorso e non semplice obiettivo”
IASS mette insieme varie scienze e vari scienziati, varie lingue e vari linguaggi in un’ottica trasformativa. “Quello che vogliamo – sottolinea Michela Mayer, responsabile educazione IASS, nel suo intervento alla tavola rotonda che si è tenuta all’ISPRA lo scorso 16 gennaio – è riuscire a cambiare, innanzitutto noi stessi”. “Un primo obiettivo – ha spiegato la ricercatrice – è quello di trasformare innanzitutto chi lavora e chi studia in questi ambiti, ossia gli addetti ai lavori, per poi trasformare anche gli altri”.
“La scienza della sostenibilità – ha aggiunto – è una scienza che cerca di raccogliere i diversi punti di vista, non solo delle diverse discipline ma anche di coloro che sono coinvolti nei cambiamenti: possiamo dire che si tratta di una scienza “post normale” nel senso proposto da Funtowicz e Ravetz, una scienza cioè che costruisce il discorso scientifico insieme ai cittadini”.
La ricercatrice ha, quindi, fornito un esempio: fare ‘scienza con i cittadini” non vuole dire solo che i cittadini ricevono istruzioni per collaborare nella raccolta di dati, ma che si cerca di costruire collettivamente un sapere in un percorso partecipato in cui ognuno possa inserire le proprie specificità. “Per fare un esempio: imporre ai cittadini di mettere il termostato a 18 gradi per contrastare i cambiamenti climatici, è diverso dal cecare di comprendere insieme, tenendo conto delle differenze delle abitazioni, dell’età, delle necessità, a quale temperatura siamo sì a nostro agio ma nel rispetto dell’ambiente”. Questo significa inserire le persone nella costruzione di un discorso tecnico-scientifico e l’educazione ambientale punta proprio al coinvolgimento dei cittadini: “ è questo – ha concluso – che fa trasformazione”.
“Siamo ben lontani – ha spiegato Mayer in ultimo – dall’aver raggiunto la sostenibilità: anche perché sul nostro cammino si frappongono quelli che vengono chiamati in inglese wicked problems, ossia ‘problemi perversi’. Il nostro compito – ha concluso – è non spaventarci rispetto all’imprevedibilità e alla complessità del reale sapendo che le soluzioni a problemi in continua evoluzione e in un contesto complesso, non sono né semplici né definitive. Non si tratta solo di risolvere un problema- ha infine specificato Mayer- ma si tratta in primo luogo di decostruirlo per poi ricostruirlo, inquadrandolo in contesti più ampi, comprendendo le interrelazioni tra le diverse situazioni e, soprattutto, nella consapevolezza che la sostenibilità è un percorso costante e non un semplice obiettivo da raggiungere”.
Sono completamente d’accordo con il metodo partecipativo. Lo strumento migliore per cambiamenti culturali